Tradizionalmente l’origine della Compagnia si fa risalire al 1170 e a un gruppo di lombardi, profughi a Bologna a causa delle lotte fra i comuni padani e l’imperatore Federico Barbarossa; ma gli studi più recenti hanno chiarito che l’origine della Compagnia dei Lombardi è strettamente connessa al costituirsi di quelle Compagnie d’Armi che nella prima metà del secolo XIII rappresentarono il braccio armato del populus, cioè della borghesia ascendente, che si affermò sulla scena politica della Bologna comunale con la rivolta capitanata da Giuseppe Toschi nel 1228 e che ottenne una sanzione nel 1255 con la creazione della nuova magistratura del Capitano del Popolo.

La Compagnia dei Lombardi ci appare, in questo periodo, far parte della struttura organizzativa del populus ma con una sua specificità: essa non rispecchiava, come le altre Società d’Armi, una compagnia d’Arte, ma traeva la sua ragion d’essere dalla solidarietà che univa i provenienti dalla Lombardia residenti in Bologna, così come avveniva per l’analoga Compagnia dei Toschi che raccoglieva gli oriundi toscani. La Compagnia dei Lombardi dunque, i cui più antichi statuti pervenutici risalgono al 1256, radunava i “lombardi” intesi in senso lato; dalle matricole del 1272-1274 risulta che vi erano 42 parmensi, 19 bresciani, 18 reggiani, 14 modenesi, 12 mantovani, 10 veronesi, 10 cremonesi, 9 piacentini, 8 milanesi. E inoltre 6 da Brescello, 4 da Lodi e da Bergamo, 3 da Treviso, 2 da Torino, da Trento, da Pavia, da Ferrara e da Vicenza, e infine uno da Genova, Como, Padova e Venezia. I mestieri maggiormente esercitati da queste persone, in tutto 173, erano la lavorazione dei metalli (50) e le attività tessili o legate all’abbigliamento (50); 25 esercitavano attività commerciali varie, una trentina erano albergatori e osti, una quindicina artigiani del cuoio, una decina falegnami e brentatori, pochi erano muratori, mugnai, barbieri e fornai.

La Compagnia, nata per tutelare la posizione e gli interessi di forestieri trapiantati in Bologna, era quindi costituita da persone che socialmente potevano riconoscersi nella parte popolare, e perciò fu presto coinvolta nelle vicende politiche: nel 1258 i rappresentanti dei Lombardi fecero parte con altri eletti dalle organizzazioni popolari, di organi creati per trattare questioni politiche e amministrative della vita comunale.

I Lombardi, ormai bolognesi a tutti gli effetti, nella seconda metà del Duecento si allinearono prontamente con la parte guelfa o popolare, allora prevalente; e quando, nella prima metà del Trecento, le compagnie delle Armi iniziarono la loro parabola discendente, quella dei Lombardi continuò a sussistere perché si mantenevano ancora quelle ragioni di solidarietà di gruppo che erano state alla sua origine, anche se, col trascorrere del tempo, l’organico della Società aveva perduto la sua originaria connotazione lombarda per assumere una composizione bolognese, anche in dipendenza di rapporti parentali. Certo è che l’appartenenza alla Compagnia doveva ancora assicurare vantaggi dal punto di vista politico, se molte famiglie bolognesi cercavano di entrarvi.

Nel secolo XV, con l’avvento del regime signorile dei Bentivoglio, la Compagnia dei Lombardi, ormai ridotta a sodalizio di mera tradizione familiare, subì l’unico tentativo, in tutta la sua storia, di trasformarne la fisionomia ad opera del potere politico, mediante l’unione alla confraternita di S. Maria degli Angeli che gestiva l’ospedale di S. Procolo o dei Bastardini. Ciò era finalizzato al disegno di Giovanni II Bentivoglio di instaurare un indiretto controllo sulla gestione di un ente, l’ospedale dei Bastardini appunto, che aveva assunto grande rilevanza sociale date le dimensioni che, in quel tempo, presentava il fenomeno dell’abbandono dei neonati. L’unione avvenne nel 1494 ma i “Lombardi” la subirono obtorto collo, cosicché, caduta la signoria di Giovanni II nel 1506, si ricostituirono nelle loro antica sede presso la chiesa di S. Stefano. La Compagnia tornava a essere un sodalizio familiare e laicale, di mera tradizione storica, senza alcuna connotazione confraternale; e questa fisionomia permise alla Compagnia di sottrarsi alla soppressione napoleonica delle corporazioni religiose nel 1797, che altrimenti l’avrebbe inesorabilmente colpita.

Nei secoli XVI-XVIII la Compagnia andò accentuando il carattere di sodalizio aristocratico che aveva cominciato ad assumere nel tardo Quattrocento, pur non divenendo mai tale in senso stretto. Fra i personaggi di rilievo che fecero parte della Compagnia dei Lombardi vanno ricordati il pontefice Benedetto XIV (Prospero Lambertini, già arcivescovo di Bologna) che, estratto Massaro nel 1753, fece restaurare a sue spese la vetusta e storica sede della Compagnia, e ben otto cardinali e tre vescovi, naturalmente tutti bolognesi, inoltre furono aggregate molte famiglie senatorie di Bologna, il poeta settecentesco Pier Jacopo Martelli, e i cultori di studi storici locali Pompeo Scipione Dolfi, Baldassarre Carrati e Ludovico Vittorio Savioli, nonché l’avvocato Antonio Aldini, ministro segretario di stato del Regno napoleonico d’Italia.

Nell’Ottocento e nel Novecento, man mano che le antiche famiglie si estinguevano ne vennero aggregate di nuove, fino al numero stabilito di 50, che rappresentavano spesso il ceto emergente in Bologna nei campi delle scienze, delle arti e professioni, della politica e della religione.

Ancora oggi, dopo otto secoli, la Compagnia dei Lombardi si raduna annualmente nella sua storica sede per la nomina del Massaro e degli Ufficiali e per la tradizionale distribuzione ai soci (chiamati con l’antico termine di “militi”) delle focacce e delle candele: segno di continuità di spirito civico e di tradizione familiare che ha saputo conservarsi attraverso tante e diverse stagioni della storia, e che ha ancora qualcosa da dire alla società di oggi che si trova davanti al compito di accettare i tempi nuovi senza perdere la propria identità.

 

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